Welfare Innovation Local Lab (WILL)
La città di Bergamo nel 2019, insieme ad altre dieci medie città del Nord Italia dalle caratteristiche socioeconomiche simili (Como, Mantova, Reggio Emilia, Parma, Ravenna, Rovigo, Padova, Cuneo, Novara) hanno sentito il bisogno di confrontarsi per provare a individuare soluzioni generative e trasformative per il welfare locale, reso insostenibile dalle conseguenze della crisi socio-economica degli ultimi anni e dalla moltiplicazione dei bisogni socio-assistenziali e di salute dei cittadini.
Da una analisi condivisa in appositi tavoli di lavoro tra amministratori e funzionari delle città coinvolte è emerso come l’attuale sistema di welfare locale sia caratterizzato da una grande distanza tra i bisogni emergenti e le risorse pubbliche disponibili; la spesa sociale di parte corrente per far fronte ai bisogni delle persone anziane, dei disabili, dei minori, delle persone fragili che vivono da sole, aumenta pressoché ovunque con tassi vicini al 10% annuo che i Comuni non riescono più a coprire; prevalgono logiche di servizio per silos di prestazioni e target omogenei, in un sistema sempre più basato, a livello nazionale e locale, su trasferimenti monetari alle famiglie e non su servizi reali in funzione dei bisogni.
Inoltre la pandemia di Covid-19, caratterizzata dall’adozione di un modelli di intervento di tipo emergenziale, dalla particolare diffusione del virus nelle strutture protette per disabili e anziani e dal ricorso a misure straordinarie di trasferimento monetario di carattere sia nazionale che locale, ha dimostrato sia la fragilità e vulnerabilità del sistema socio-sanitario tradizionale, sia la sua insostenibilità e incapacità di adattarsi alle esigenze della prevenzione, del fronteggiamento, del superamento di un evento pandemico o di una emergenza sociale su larga scala.
Per contro in tale frangente sono emersi una serie di fattori positivi, idonei a far ritenere possibile un radicale cambio di paradigma nel welfare locale e una sua riconfigurazione in chiave di adeguatezza, appropriatezza, sostenibilità e resilienza.
Tra questi:
- la rapida sburocratizzazione e semplificazione di molti processi socio-assistenziali
- la riconfigurazione della delivery di molti servizi
- la ristrutturazione della governance pubblico-privata di diversi settori di attività
- il superamento improvviso di vincoli che apparivano prima insormontabili.
L’esperienza di un evento estremo quale l’emergenza Covid-19 sembra offrire l’opportunità per una riforma complessiva e generativa del welfare socio-sanitario locale che, reso resiliente e in grado di fronteggiare l’insorgere di nuovi rischi sociali e sanitari come quelli insiti in un evento pandemico, può essere maggiormente efficace nel fare fronte ai rischi ordinari della vita sociale.
I tre pilastri di WILL
Il progetto WILL (Welfare Innovation Local Lab) intende mettere a sistema, paradigmi e pratiche capaci di innovare e riformare in profondità il welfare locale, inteso quale fattore fondamentale per lo sviluppo e la competitività di un territorio, rendendolo sostenibile, generativo e congruente con i reali bisogni delle comunità locali, largamente non coperti dall’attuale sistema di prestazioni socio-sanitarie ed assistenziali. In questi anni, pur sotto i colpi incessanti della pandemia, le città coinvolte, con il sostegno tecnico di iFELANCI, quello scientifico delle Università Bocconi e Cattolica di Milano e dell’Associazione Percorsi di Secondo Welfare ed un significativo interessamento da parte di fondamentali grandi providers del welfare italiano come INPS e INAIL, hanno ricercato, individuato e condiviso logiche di innovazione, strumenti di azione e settori di sperimentazione nei quali attivare iniziative esemplari ed idonee a testare il potenziale generativo di nuove forme di welfare locale.
Le logiche di intervento WILL si basano su tre framework di fondo:
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Il welfare deve agire come sistema promozionale di processi di aggregazione e ricomposizione sociale di gruppo e quindi di community building. Questo significa valorizzare le reti sociali esistenti e promuoverne di nuove. Significa valorizzare i diversi servizi pubblici esistenti nei vari silos culturali, sportivi, ricreativi anche per funzioni di aggregazione sociale.
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Il welfare deve promuovere delle piattaforme che agiscano come market place per l’acquisto di servizi sociali o domestici professionali, che promuovano, dove possibile, l’aggregazione della domanda, ad esempio condividendo un assistente personale o un sostegno per i compiti, esercitato contemporaneamente per tre anziani o tre studenti.
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Il welfare per diventare proattivo e di iniziativa, per agire sui bisogni emergenti più intensi ha bisogno di conoscere i gap tra bisogni e servizi, sia a livello aggregato anonimo, sia a livello individuale. Questo permetterebbe due impatti rilevanti: impostare contratti di servizi con i fornitori di welfare outcome based, perché si dispone delle informazioni sull’incremento/decremento del tasso di copertura del bisogno; fare scouting dei cittadini che potrebbero trarre grande beneficio dal partecipare a forme di aggregazione sociale, avvicinarli e accompagnarli, affinché diventino attivi partecipanti se non ambasciatori o sostenitori attraverso forme di volontariato o di mutuo sostegno reciproco. La costruzione di un sistema di conoscenza sui gap di copertura dei bisogni, la costruzione di piattaforme ricompositive e di market place vorrebbe essere applicata a regime a tutti i target gli ambiti di policy del welfare.
Nel breve periodo le città coinvolte nel progetto hanno deciso e cominciato a sperimentare questi framework su target quantitativamente rilevanti e di norma negletti dai tradizionali servizi di welfare locale: i working poor (persone che pur avendo un lavoro non dispongono di un reddito sufficiente per una vita dignitosa); gli anziani fragili, ovvero autonomi in casa, ma non autonomi fuori casa, che rappresentano circa il 10% della popolazione delle nostre città (a fronte degli over65 anni che sono il 24%); gli studenti della scuola media, ovvero il periodo decisivo per la scelta della scuola superiore, che costituisce uno dei driver principali di possibile o mancata potenzialità di mobilità sociale; le logiche e strumenti di community building di quartiere, specie nell’ottica della 15 minutes city.
Le architravi informative
A livello strumentale il sistema si regge su tre fondamentali architravi informative.
- La prima è un sistema di conoscenza aggregato e individuale dei bisogni dei cittadini e della città, abbinato con l’erogazione di servizi pubblici o forme di mutuo-auto aiuto reciproche o di vita sociale, per calcolare il gap di copertura dei bisogni, sia a livello generale, sia per specifici target, sia a livello individuale.
- La seconda è una piattaforma di ricomposizione sociale dove i cittadini possano trovare tutte le forme di aggregazione sociale possibili, coerenti al proprio cluster, sia servizi pubblici gratuiti (biblioteche, centri di aggregazione, centri sportivi, ecc.), sia forme di socializzazione gestite dal volontariato (es. università della terza età, gruppi di cammino, ecc.), sia processi di aggregazione sociale spontanei (gruppi di mutuo-aiuto, reti sociali informali, gruppi di genitori, ecc.). La piattaforma dovrebbe invitare a frequentare i luoghi e i gruppi più coerenti ai propri bisogni, ma anche ad attivarsi come volontari o animatori di questi gruppi (es. leader di un gruppo di cammino o di un gruppo di lettura in biblioteca). Il vettore di ricomposizione sociale potrebbe essere variabilmente il vicinato, il frequentare uno stesso luogo (una scuola), essere dei pari rispetto a un bisogno specifico (essere dializzati o essere degli anziani soli).
- La terza è un market place dove le persone possa trovare servizi professionali e di qualità accreditata dall’ente pubblico, offerti da soggetti imprenditoriali locali (di norma organizzazioni del Terzo settore, che potenzierebbero così la loro capacità e qualità erogativa), capaci di coprire una gamma di bisogni ampi (trasporto, servizi del benessere e della cura, servizi domestici, supporto informatico, ecc.). Essi potrebbero anche essere offerti aggregando la domanda: ad esempio la babysitter condivisa tra più famiglie. L’adozione di nuovi schemi contrattuali outcome-based tra Pubblica Amministrazione e Terzo Settore, utilizzando al meglio le potenzialità offerte dagli strumenti di amministrazione condivisa, completa il quadro che, sostenendo e supportando i saperi e le competenze degli operatori pubblici e privati e delle comunità locali coinvolte ed utilizzando in modo contributivo la tecnologia ed i big data di proprietà pubblica, consentirebbe di implementare una “riforma dal basso” del sistema di welfare i cui risultati potrebbero essere innovativi.
Al momento il processo di WILL, complici i ritardi causati dell’emergenza Covid, è ancora nella fase della costruzione delle sperimentazioni e degli strumenti, ma il prossimo biennio sarà l’anno in cui molte delle sperimentazioni previste cominceranno a prendere forma. Servirà almeno un triennio di lavoro comune, benchmarking, learning by doing e monitoraggio attento ed evidence based delle attività messe in campo per poter dichiarare che la sperimentazione ha avuto successo, ma i primi risultati stanno già arrivando, sia in termini di capacity building che di innovazione di processo e di prodotto.